Archiviata un’altra edizione della Milano Fashion Week è tempo di riflessioni. Mai come quest’anno c’è stata una contaminazione e un grande interesse verso i gusti orientali: lo stile cinese, fatto di opulenza decorativa, ha letteralmente spopolato in passerella. Case di moda come Gucci e Prada hanno presentato collezioni nelle quali sono stai rivisitati ricami e abiti della cultura cinese. Al White, invece, il Salone della moda contemporary, è stata dedicata un’intera area alle collezioni di 15 stilisti arrivati dalla Cina. Il messaggio è chiaro: polmone dell’economia mondiale, la Cina è sempre più il Paese dove volgere la propria attenzione, anche per il mondo della moda che qui può ancora conquistare importanti quote di mercato. Nel 2015 il fatturato dell’export italiano del sistema moda in Cina è cresciuto del 10% rispetto al 2014, ma con un volume di 1,7 miliardi di euro resta ancora lontano da Paesi come Stati Uniti (oltre 4 miliardi) e Francia (più di 5 miliardi). Il potenziale è ancora molto ampio.

Come emerge infatti dalla ricerca China Consumer Report di McKinsey & Company, oggi i consumatori cinesi ricercano uno stile di vita elevato che privilegi un alto standard di qualità dei prodotti e dei servizi. Una tendenza che privilegia il nostro Made in Italy, specialmente per quando riguarda il mondo della moda e del lusso. Una grande opportunità che per essere colta richiede però un’attenta pianificazione delle strategie marketing e di comunicazione. Con una popolazione di 1,4 miliardi di persone e oltre 700 milioni di utenti digitali che quotidianamente online si informano, chattano e finalizzano acquisti, la Cina è un mercato altamente competitivo e dispersivo, nel quale i clienti vanno selezionati in linea con i propri prodotti, sfruttando i dati che si possono raccogliere dai canali social ed ecommerce.

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Una realtà che ben conoscono aziende di successo in Cina come Furla e Burberry Group. Il brand italiano specializzato in pelletteria nel 2015 ha incrementato per esempio le vendite del 75% ampliando un’offerta dedicata al mercato locale e sfruttando al meglio le potenzialità dei canali digitali cinesi per promuovere l’immagine del suo brand e fidelizzare i clienti già acquisiti.  Burberry Group, invece, ha affidato al modello cinese Wu Yifan la promozione della collezione uomo autunno/inverno 2016 con una campagna specifica sui social network locali che ha portato ottimi risultati.

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Rispetto all’Italia è anche molto diverso poi il rapporto che hanno i consumatori cinesi con gli influencer.

In una società con una cultura dove la gerarchia è un concetto molto importante e presente in tutti i contesti, i Key Opinion Leader sul web godono di un seguito e di una credibilità maggiore che da noi. Lo sanno bene –  per esempio –  la stilista Alberta Ferretti e Dolce & Gabbana che hanno invitato durante la Milano Fashion Week, Du Yang (nelle foto), ex Miss China 2014 e seguitissima top model sui social cinesi (leggi qui l’esclusiva intervista di East Media).

Cercare i giusti influencers locali ha un ritorno di immagine, e quindi di business, molto concreto. Seguiti, visti come punti di riferimento per nicchie di mercato importanti, possono influenzare fortemente l’impatto di un prodotto e di un Brand su un mercato complesso e sfaccettato. Spesso l’utilizzo di un Key Opinion Leader locale può portare molti più risultati che grandi budget adv dispersi su un mercato così grande.

D’altra parte, anche gli ultimi studi condotti da McKinsey & Company confermano che i consumatori cinesi durante la scelta di acquisto trovano 3 dei 5 principali punti di contatto con le aziende proprio nel mondo digital: sito web, social network e influencer. Abituati a doversi muovere in un mercato dove i prodotti contraffatti sono all’ordine del giorno, i cinesi sono molto attenti e prima di finalizzare gli acquisti sono soliti verificare informazioni e prodotti su diversi canali e fonti di informazione. L’acquisto della fiducia è fondamentale.

Un altro aspetto da tenere in considerazione nelle strategie di comunicazione è quello cross-culturale. Innanzi tutto la lingua inglese è poco diffusa, quindi è necessario sviluppare siti/pagine sui social network in cinese. I cinesi hanno una cultura profondamente differente da quella europea che li porta ad avere un diverso tipo di umorismo e gusti differenti. Questi ultimi si riflettono, per esempio, anche nei colori e nello stile: i cinesi prediligono una certa vivacità grafica e una maggiore ricchezza di contenuto. Inoltre, sono più interessati allo story telling, al brand dell’azienda (spesso viene associato all’idea di status symbol) piuttosto che non alle caratteristiche intrinseche del prodotto come avviene in Europa.

Per conoscere meglio gli aspetti legati alla comunicazione in Cina e approfondire nel dettaglio i diversi canali digitali potete leggere e scaricare (gratis in formato PDF) l’estratto “Il boom del settore digitale” del Rapporto Annuale “La Cina nel 2016” della Fondazione Italia Cina.

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