VKontakte, il social network più grande d’Europa, verso il commissariamento. In gioco i più stretti collaboratori del leader del Cremlino. Ma la storia del fondatore Durov rimane piena di ombre

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Il Facebook russo starebbe scivolando nelle mani di stretti collaboratori di Vladimir Putin. A lanciare l’allarme è Pavel Durov, fondatore di VKontakte – il social network più usato in Russia – che ha annunciato di essere stato licenziato dal ruolo di Ad della compagnia da lui fondata e che ora il sito si trova sotto il completo controllo di Igor Sechin e Alisher Usmanov, molto vicini al Presidente russo. Un epilogo che l’ormai ex Ad di VKontakte ha definito “inevitabile, dato il contesto russo”.

 

VKontakte, il social network più grande d’Europa, verso il commissariamento. In gioco i più stretti collaboratori del leader del Cremlino. Ma la storia del fondatore Durov rimane piena di ombre

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Il Facebook russo starebbe scivolando nelle mani di stretti collaboratori di Vladimir Putin. A lanciare l’allarme è Pavel Durov, fondatore di VKontakte – il social network più usato in Russia – che ha annunciato di essere stato licenziato dal ruolo di Ad della compagnia da lui fondata e che ora il sito si trova sotto il completo controllo di Igor Sechin e Alisher Usmanov, molto vicini al Presidente russo. Un epilogo che l’ormai ex Ad di VKontakte ha definito “inevitabile, dato il contesto russo”.

Il ventinovenne Durov, fondatore delsocial network che oggi vanta oltre cento milioni di utenti in Russia ed altri paesi post-sovietici, ha sempre cercato di rimanere estraneo alle vicissitudini politiche del paese, ma ha ammesso di aver rifiutato più volte di soddisfare le richieste fattegli dal Cremlino, il cui scopo era quello di censurare VKontakte soprattutto a seguito delle pubblicazioni sul social network di alcune proteste anti-governative, guidate dal leader dell’opposizione Alexey Navalny.

Quella del suo addio rimane comunque una storia piena di punti poco chiari. Nel gennaio 2013, Durov riceve pressioni affinchè venda quote azionarie di VKontakte. La struttura azionaria venutasi a creare dopo la vendita inizia però a impedire a Durov il godimento delle stesse libertà all’interno dell’azienda. Così, il primo aprile 2013 lo stesso Durov annuncia le sue dimissioni, salvo ritirarle due giorni dopo definendole un pesce d’aprile.

Secondo quanto si legge in un rapporto dell’agenzia di stampa russa Interfax, Durov avrebbe in realtà abbandonato VKontakte il 21 marzo 2014 e non avrebbe mai ritirato le sue dimissioni. Secondo quando ha dichiarato un portavoce del social network russo, le dimissioni del giovane sarebbero diventate permanenti solo dopo un mese. “Una dichiarazione con lo scopo di far cambiare le apparenze”, ha commentato l’ex Ad in un post nel quale ha spiegato il suo punto di vista sull’accaduto. “A giudicare dalla notizia, a seguito delle mie dimissioni pubbliche della scorsa settimana, oggi sono stato licenziato dalla mia carica di Direttore generale di VKontakte.” – scrive sarcasticamente Durov – “E’ interessante notare  il fatto che gli azionisti non hanno avuto il coraggio di comunicarmelo di persona, e che ne sono venuto al corrente solo tramite un comunicato stampa, a fatti già accaduti”.

“Secondo quanto leggo” – continua il giovane – “il consiglio di amministrazione di VKontakte ha improvvisamente scoperto che il ritiro delle mie dimissioni del 3 aprile (che è stato accettato pubblicamente) non è avvenuto secondo le regole, e quindi sono stato licenziato automaticamente. In questo modo, da oggi VKontakte è sotto il completo controllo di  Igor Sechin Alisher Usmanov, due personalità molto vicine a Putin. Probabilmente nel contesto russo un fatto simile era praticamente inevitabile, ma sono contento di essere riuscito ad andare avanti da solo per sette anni e mezzo. Abbiamo fatto un sacco di cose, parte delle quali non potranno mai essere cancellate.”

Uno dei punti chiave della questione starebbe in una app, e nella guerra che starebbe scatenando tra i clan economici di San Pietroburgo. L’applicazione si chiama Telegram e sulla carta è una chat per iPhone come tante. Solo sulla carta, perché di fatto gli utenti hanno la possibilità di inviare messaggi cifrati e messaggi che si auto-distruggono. Possiede criteri di sicurezza più rigidi rispetto ad altre app commerciali come WhatsApp. Non ha pubblicità. Ma soprattutto la chat utilizza una crittografia definita end-to-end (da punto a punto) ed è possibile accedere solo dai dispositivi che partecipano alla conversazione. La segretezza si basa principalmente su un nuovo protocollo, MTProto creato da Nikolai Durov, fratello di Pavel.

In tutto questo il ruolo di Pavel Durov si sarebbe limitato sostenere finanziariamente il progetto attraverso il suo fondo Digital Fortress: Finendo per dare vita ad una sorta di “mostro”, Telegram LLC, società no-profit indipendente, non collegata a VKontakte, con sede a Berlino. Un “mostro” perché Telegram rischierebbe di crescere smisuratamente e mangiarsi VKontakte.

E proprio per questo, molto desiderato: Ilya Shcherbovich, il detentore attraverso il Fondo UCP del 48% delle azioni del social network, ha citato in giudizio per 500 milioni di dollari presso un tribunale delle Isole Vergini Britanniche Durov e Mail.ru Group, il maggiore gruppo russo di nuove tecnologie e web, che detiene il 51,99% delle azioni del social network di Durov.

Shcherbovich – che siede nel consiglio dei direttori di Rosneft – vuole che a Vk sia riconosciuta la proprietà di Telegram, anche in aperta contrapposizione con il già citato Alisher Usmanov, che controlla de facto laMail.ru ed è noto anche per essere il finanziere di Gazprom, in concorenza con Rosneft.

Durov, a sua volta contesta al fondo UCP di Shcherbovich la proprietà del 48% di VK, poiché acquistato senza che prima le azioni venissero offerte agli azionisti esistenti (come previsto dallo statuto della società). Non sappiamo ancora come andrà a finire ma intanto il quotidiano online TechCrunch riporta altre dichiarazioni di Durov: “Sono fuori dalla Russia e non ho intenzione di tornare”, ha detto. “Purtroppo, il paese è incompatibile con l’attività Internet in questo momento”.

Estrapolato: Corriere delle Comunicazioni

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