Lavorare in una azienda cinese è un po’ il sogno e l’incubo di tutti quelli che, come me, hanno studiato cinese o che hanno deciso di occuparsi di Cina e vivere nel “Paese di Mezzo”. La mia esperienza corporate cinese è iniziata abbastanza presto. Neolaureata, mi trovavo a Pechino per un tirocinio, quando ho ricevuto un’importante offerta di lavoro da un’azienda cinese e sono diventata a tutti gli effetti un expat. 

Non è stato facile inserirsi e sopravvivere. La realtà aziendale è già di per sé una giungla, ma cercate di immaginarvela organizzata in una lingua straniera (il cinese) e secondo logiche che sono completamente diverse da quelle a cui siamo abituati in Italia! 

Sicuramente al riguardo avrete sentito pareri discordanti. C’è chi parla di paradiso delle opportunità e stipendi da sogno, e chi di un incubo di sfruttamento e mancanza di diritti lavorativi. In fondo, entrambe le versioni contengono una parte di verità: vivere e lavorare da expat per un’azienda cinese in Cina è un mix molto particolare di privilegi e svantaggi.

 

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Azienda cinese: l’ABC dell’expat

Negli anni trascorsi in questo contesto ho maturato una visione abbastanza completa, confrontandomi anche con tanti altri stranieri impegnati in aziende cinesi. Dunque, cosa comporta il mondo corporate cinese per uno expat?

Parli cinese?

La prima discriminante tra paradiso e inferno è proprio la lingua. Nei decenni passati era possibile lavorare e fare affari in Cina senza parlare cinese, anzi, persino senza conoscere la cultura e le convenzioni sociali locali. C’è di più, si guadagnavano anche un mucchio di soldi. Insomma, il paese della cuccagna! Oggi scordatevelo: se non sapete parlare cinese (e ad essere proprio onesti, se non sapete parlarlo ad alti livelli), scordatevi di fare carriera in un’azienda cinese.

Per farsi prendere sul serio e non essere usato a vita come interprete-segretario tuttofare bisogna tirare fuori le unghie e mettersi alla pari dei colleghi cinesi. Il che significa come minimo parlare fluentemente e capire quello che si dice e si fa in azienda…in cinese. Inoltre, le aziende cinesi sono diventate sempre più esigenti sul rispetto delle convenzioni sociali e aziendali e ne richiedono la conoscenza e l’attinenza anche agli stranieri.

 

Azienda cinese
Il fascino dello straniero

“Assumiamo lo straniero perché ci dà un’aria più internazionale”. È ancora vero. Molte aziende, soprattutto quelle che lavorano con l’estero, puntano sul dipendente straniero anche per darsi un tono. Certamente è necessario qualcuno che comunichi in cinese, e che lo faccia bene, ma è più facile che l’azienda perdoni allo straniero qualcosa in più rispetto al collega cinese perché “fa cool averlo nel team”.

Una questione di… visto

Ottenere un visto lavorativo in Cina è diventato negli ultimi anni estremamente difficile. Bisogna fornire una lunga sfilza di documenti, avere almeno due anni di esperienza lavorativa in un’azienda cinese ed essere qualificati. Meglio ancora se lo si è in uno dei settori previsti dal piano di sviluppo Made in China 2025. Dunque, richiesti sono talenti stranieri accuratamente selezionati, allo scopo di sostenere la crescita tecnologica cinese.

 

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Un contratto solo sulla carta

Il contratto: una pura formalità. Che lo abbiate firmato o non, non preoccupatevi, vale ben poco.  E se come cittadino cinese vi è la remota possibilità di oppugnarlo legalmente, per lo straniero è praticamente impossibile. Una cosa che ho capito ben presto è che non vale la pena crucciarsene. Ciò che conta realmente è trovare il modo di risultare utile, se non indispensabile, all’azienda. Non c’è altra garanzia che tenga, fatto salvo qualche eccezione rappresentata da grossi gruppi cinesi con sedi all’estero e contratti di assunzione non-cinesi.

Opportunità e carriera

Su questo punto devo esprimermi favorevolmente: è più facile in Cina trovare opportunità lavorative e cambiare azienda nel giro di pochi giorni, al più di qualche settimana, migliorando persino il trattamento economico. Il lavoro non manca e avanzare nella gerarchia corporate è relativamente semplice, persino se si è junior. Tuttavia c’è un livello oltre il quale non si riesce ad avanzare, perché “si è comunque stranieri” e le posizioni al vertice sono chinese-only. Più che una mancanza di fiducia è una questione di percezione: lo straniero è comunque visto come una presenza transitoria che non comprenderà mai fino a fondo le sue logiche.

 

Caterina Russo, quarta persona da destra, È socio fondatore di Élite China Academy, la prima accademia italiana esclusivamente dedicata al training professionale per chi parla cinese.

 

Una questione di soldi

I tassisti a Pechino mi fanno tutti la stessa domanda: ma quanto guadagni? Sono ossessionati dall’idea che gli stranieri guadagnino in maniera sproporzionata rispetto ai cinesi. Sebbene questo non sia più vero come in passato, in generale possiamo dire che, a parità di livello, lo straniero gode di una retribuzione leggermente superiore rispetto al collega cinese, per via anche del suo status di “risorsa speciale”.

Orari: una full immersion

I tanto temuti straordinari che affliggono i lavoratori cinesi non risparmiano ormai nemmeno gli stranieri. E’ richiesta infatti un’integrazione pressoché completa: orari elastici, cellulare sempre a portata di mano e totale reperibilità anche al di fuori degli orari lavorativi. Non sarà un caso che in Cina si vive sempre connessi su WeChat.

Tanta concorrenza

La carriera dell’expat in un’azienda cinese risente ormai sempre più della concorrenza di seconde generazioni di cinesi e lavoratori cinesi che hanno studiato all’estero. Vi è una sempre maggiore disponibilità di giovani cinesi di seconda generazione nati all’estero, ma che sono tornati in Cina per studiare e desiderano rimanervi per lavoro. Questi sono visti come più affini alla cultura e all’ambiente cinese e, a parità di qualifiche, sono spesso preferiti agli stranieri.  A questa categoria si aggiunge quella dei cinesi che hanno studiato all’estero acquisendo esperienza internazionale e padronanza nelle lingue straniere. Tra expat, invece, si prediligono quelli con partner cinese, perché considerati più stabili e meno soggetti alla “nostalgia di casa”. 

In conclusione, i lavoratori stranieri in Cina godono ancora di uno status particolare, potremmo dire privilegiato. Ma la retribuzione è pressoché simile a quella dei colleghi cinesi, le competenze richieste sono sempre maggiori e più specializzate. Infine, la competizione con risorse cinesi ormai ben preparate e (anche se ancora per poco) meno costose si è fatta sempre più agguerrita. 

Nonostante tutto, vi è ancora spazio per i giovani che desiderano fare un’esperienza corporate in Cina, in un marcato che  segna e che fa crescere molto.

 

Cina: un mondo a parte

Quando si pensa alla Cina bisogna ricordarsi che è un Paese molto lontano sia dal punto geografico che culturale. Approcciarsi a paesi così complessi richiede un’attenta valutazione e analisi a 360°, la sola che permette di ottenere risultati concreti e duraturi. Sono più di 800 milioni i cinesi che tutti i giorni si collegano al web, per lo più via smartphone, per chattare, informarsi, compiere ricerche e finalizzare acquisti. Ma per farlo i cinesi utilizzano strumenti differenti da quelli Occidentali: Facebook e Twitter e lasciano il posto a social network molto avanzati come Weibo e WeChat. Lo stesso Google è sostituito da Baidu, il principale motore di ricerca locale. Per questa ragione se si vogliono raggiungere potenziali consumatori cinesi bisogna farsi trovare sugli strumenti digitali che utilizzano loro.

 

mini-program

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About Caterina Russo

Vive tra Cina e Italia dedicandosi con passione al management di progetti internazionali, alla consulenza per aziende italiane e cinesi e alla mediazione linguistico-culturale, come interprete professionista. È socio fondatore di Élite China Academy, la prima accademia italiana esclusivamente dedicata al training professionale per chi parla cinese.

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