Il naming è uno dei primissimi ostacoli che si pongono davanti ai brand che vogliono inserirsi sul mercato cinese. D’altra parte è uno step necessario. Infatti tradurre il nome del brand significa ridurre al minimo le difficoltà che un cliente cinese potrebbe incontrare al primo contatto con il marchio. L’obiettivo del naming in ottica di marketing è proprio quello di avvicinare il più possibile il brand alla sua potenziale clientela.
Ricordiamo, poi, che il nome di un marchio è la prima cosa che viene vista e notata dal cliente. Di conseguenza il naming è fondamentale anche per creare e trasmettere la giusta immagine del proprio brand. Va utilizzato per stimolare una percezione positiva nella audience e per rispecchiare i valori dell’azienda. Dunque serve anche a consolidare la brand identity e la brand recognition.
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Regole per il naming dei brand in Cina
Prima di tutto bisogna fare in modo che la traduzione del proprio brand name in cinese sia facile da pronunciare e da ricordare. Per raggiungere questo obiettivo esistono varie modalità di traduzione. Si possono, per esempio, cercare assonanze col nome originale come ha fatto Nike (耐克 Naike). Alternativamente si può decidere di adattare il significato alla lingua cinese come nel caso di BMW (宝马 Bao Ma = cavalli preziosi, rimanda alla potenza e alla qualità). Nel primo caso si predilige l’aspetto fonetico, nel secondo quello semantico. Un’altra modalità è l’associazione di significati positivi, pur se diversi in suono e significato dal nome originale del marchio. La scelta più opportuna sarebbe unire le prime due opzioni, trovando sia un suono che un significato che rispecchiano il brand name in cinese.
Scarpe Nike Air Force 1 Naike 耐克 create dal brand in occasione del Capodanno Cinese 2016. Fonte: Sneaker Files
Oltre all’aspetto fonetico e semantico bisogna anche pensare al background culturale cinese. Ricordiamo che in Cina la cultura è ancora una parte importantissima della vita quotidiana. Ciò può essere un fattore d’aiuto nelle strategie di marketing, ovviamente se si evita di ricadere in stereotipi o in errori. Per esempio alcuni numeri sono considerati particolarmente sfortunati, di conseguenza è meglio evitarli. Anche alcuni colori vengono ricollegati a sensazioni negative, mentre altri sono molto apprezzati e utilizzati nella comunicazione aziendale. Infine alcuni cinesi potrebbero addirittura guardare al numero dei tratti di un carattere per trovarvi segni di buono o cattivo auspicio. Questo è un retaggio della grande attenzione del popolo cinese alla simbologia tradizionale del quale bisogna sempre tenere conto.
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Esempi positivi di naming
Marlboro: Il nome occidentale del famoso marchio di sigarette nasce dalla via di Londra dove furono prodotte per la prima volta. Questo dettaglio però non ha un particolare significato per il pubblico cinese. Per questo motivo si è scelto il nome 万宝路 (Wanbaolu), che letteralmente si traduce in “Diecimila vie per il tesoro“. In questo modo il brand riesce comunque a trasmettere i concetti di successo e qualità, pur variando il focus.
McDonald’s: La scelta della catena di fast food per il suo brand name cinese è caduta su 麦当劳 (Maidanglao). Per quanto il suono non rispecchi del tutto il nome originale, i caratteri che lo compongono riportano ai valori del marchio. Infatti 麦 infatti indica il grano e 劳 si riferisce al lavoro. Ma ciò che più ha decretato la fortuna del nome è stata l’eliminazione del suono “S” alla fine. Infatti per replicarlo si era pensato inizialmente di ricorrere al carattere 死 (si). Tuttavia 死 indica la morte ed è visto molto negativamente in Cina.
Skoda: Proprio per evitare di utilizzare il pericoloso carattere 死, il brand di automobili ha ideato il nome 斯柯达 (Sikeda). In questo caso, infatti, l’eliminazione della parte iniziale del nome avrebbe fato cadere del tutto l’associazione fonetica. Si è dunque scelto il carattere 斯 (si), che viene spesso utilizzato nei calchi dei nomi occidentali e non ha un particolare significato.
Chanel: Il brand francese viene spesso preso come esempio di un’operazione di naming perfettamente riuscita. Infatti il suo corrispettivo cinese 香奈儿 (Xiangnaier) non è un esatto calco fonetico, ma rispecchia l’essenza del brand e i suoi valori. 香 significa “profumato”, 奈 rimanda alla pronuncia del nome originale e 儿 dona un tono dolce e femminile a tutto l’insieme.
Esempi negativi di naming
Best Buy: Nel nome originale inglese il marchio contiene un evidente rimando al fatto che i suoi prodotti siano la scelta migliore. Tuttavia la traduzione in cinese non è stata altrettanto azzeccata. Infatti il nome 百思买 (Baisimai) – per quanto assonante – viene letto come “Pensa cento volte prima di comprare“. Sicuramente non ciò che il suo inventore aveva in mente e probabilmente è anche uno dei motivi per cui il marchio ha lasciato il mercato cinese.
Warsteiner: Un altro tentativo fallito è stato quello della birra tedesca Warsteiner. In questo caso il nome ideato (沃斯乐 Wosile) non ha nessun significato particolare e punta sull’assonanza. Purtroppo, però, la pronuncia di 沃斯乐 è molto simile a 我死了 (Wo si le, “sono morto”).
Peugeot: Quando si usa la lingua cinese bisogna anche tenere conto del fatto che la Cina è un Paese vastissimo. Di conseguenza la pronuncia delle parole varia leggermente a seconda delle zone e dei dialetti. Il noto marchio Peugeot, per esempio, ha scelto il nome cinese 标致 (Biaozhi), traducibile nell’aggettivo “bella”. Tuttavia la sua pronuncia in alcune zone della Cina è pericolosamente simile a 婊子 (Biaozi), che significa prostituta.
Hermès: Talvolta il problema non sta tanto nei caratteri scelti nell’adattamento del naming per il mercato cinese, quanto nella registrazione del marchio in Cina. Il brand francese Hermès, per esempio, ha combattuto per ben 10 anni una battaglia legale intorno al nome cinese 爱马仕 (Aimashi). Infatti aveva selezionato questa traduzione del proprio brand name senza sapere che il nome era già stato registrato da una società cinese. Inutile dire che Hermès ha finito per perdere la causa, non potendo più utilizzarlo.
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Serve ancora adattare il naming nel Ventunesimo secolo?
Il mercato cinese è sempre più popolato dai giovani utenti Millennial e della Generazione Z, ormai abituati a studiare e utilizzare la lingua inglese. Per questo motivo alcuni iniziano a chiedersi se sia ancora necessario preoccuparsi del naming del proprio brand in Cina. Tuttavia se da una parte alcuni cinesi, soprattutto giovani, iniziano a riferirsi ai brand con i loro nomi originali, questo non vale ancora per tutti. In molti casi, infatti, rimane il problema di una pronuncia troppo difficile per gran parte della audience. Motivo per cui è sempre meglio preparare anche la versione cinese. Non dimentichiamo, poi, che grazie ad essa è anche possibile veicolare i valori del brand con maggiore efficacia.
La Cina è un mercato tutto da scoprire. Se da una parte può sembrare quasi impossibile avere successo in un contesto tanto diverso da quello a cui siamo abituati, variegato e complesso, dall’altra rappresenta un’opportunità consistente e una strada praticabile. Sempre che si conoscano i passi da fare.
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